MANCHESTER UNITED STORY PART 3: GEORGE BEST – THE FIFTH BEATLE

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FRANCESCO TOMMASINI
CAT_IMG Posted on 11/10/2013, 18:22




“Appena è possibile, date palla a George Best", tipico discorso alla squadra di Sir Matt Busby.

Il disastro del 1958 fu un durissimo colpo per il Manchester. Eppure proprio dalle ceneri di Monaco i Red Devils risorsero come una fenice e arrivarono a toccare uno dei livelli più alti di sempre. Tutto merito della “United Trinity”: George Best, Bobby Charlton e Denis Law, uno dei tridenti più fenomenali che il calcio abbia mai visto. In particolare proprio grazie a quel nordirlandese, scovato a Belfast dagli osservatori del Manchester United all’età di 15 anni. Il tesseramento fu immediato e il telegramma che uno degli osservatori inviò a Sir Matt Busby la dice lunga sulle qualità che il giovane George Best dimostrava già all’epoca. Il telegramma inviato da Bob Bishop era il seguente: “Credo di averti trovato un genio”. L’avventura di Best allo United cominciò il 14 settembre 1963, quando a sorpresa venne schierato titolare contro il West Bromwich. Da quel giorno iniziò la carriera di un fenomeno, uno dei giocatori più talentuosi ad aver mai calcato un campo da calcio e anche una delle icone più influenti e amate ancora oggi di questo sport. George era genio e sregolatezza. Fu notato fin da subito non solo per le sue doti con i piedi, ma anche per la sua esuberanza e originalità. Nessuno prima di allora portava i capelli lunghi, nessuno giocava con la maglia fuori dai calzoncini e nessuno osava non mettersi i parastinchi: tutte cose che lui faceva. Concluse la stagione 1963-64, la sua prima con la maglia rossa, con 26 presenze e 6 gol. La successiva stagione fu la prima da titolare per Best e il suo apporto fu fondamentale, tanto da portare i Red Devils alla conquista del campionato, che mancava da 8 anni. Brillò in particolar modo nella vittoria per 2-0 sul Chelsea allo Stamford Bridge, meritandosi gli applausi anche da parte della tifoseria avversaria. Ma la vera svolta per la sua carriera si ebbe nella stagione 1965-66, all’età di 19 anni. La sua leggenda cominciò in un quarto di finale di Coppa dei Campioni il 9 marzo 1966 a Lisbona, contro il Benfica. Georgie mise a segno una doppietta nei primi quindici minuti e procurò un assist contribuendo alla vittoria schiacciante dello United per 1-5. Fu proprio dopo quella partita che nacque il suo soprannome: “il quinto Beatle”, così chiamato da un giornale portoghese a causa dei suoi capelli lunghi e della sua somiglianza con un gruppo che in quel momento, proprio in Inghilterra, stava scrivendo la storia della musica. Così come la beatle-mania era partita nel 1963, la georgebest-mania iniziò da quel giorno. Oltre alle gioie per la squadra, che conquistò anche il campionato 1966-67, e per lo stesso Best, che diventò famoso in tutto il mondo, cominciarono anche i primi problemi e grattacapi. George scoprì il divertimento (ed in particolare le ragazze e l’alcol), passando più tempo a Maiorca a divertirsi che a Manchester ad allenarsi o a Belfast dalla famiglia. Iniziarono le prime sbronze, i primi guai con la legge e i primi contrasti con l’allenatore. Nonostante tutto il Quinto Beatle era in formissima, tanto che gli bastava un solo allenamento per smaltire gli effetti delle sbronze, e lo dimostrò anche nella stagione successiva diventando il capocannoniere della squadra. Questa stagione verrà ricordata per sempre dai tifosi dello United perché vide i Red Devils sollevare per la prima volta la Coppa dei Campioni. Battuto il Real Madrid in semifinale con una incredibile rimonta da 3-1 a 3-3 (dopo aver vinto all’Old Trafford per 1-0), il Manchester trionfò sul Benfica per 4-1 con 3 gol nel primo tempo supplementare, di cui uno del Belfast Boy. Georgie aveva appena 22 anni quando vinse la Coppa dei Campioni e il Pallone d’Oro. Doveva essere l’inizio di una gloriosa carriera, invece fu soltanto l’inizio della fine.
Il declino del campione fu inesorabile, soprattutto a causa dell’ alcol e della fama raggiunta. I sei anni seguenti allo United furono abbastanza anonimi se si considera il suo potenziale, contrassegnati da una sempre maggiore dipendenza dai superalcolici e da una crescente abitudine a saltare gli allenamenti e addirittura le partite. George era diventato oramai un calciatore part-time e la stagione 1973-74 fu l’ultima con la maglia dei Red Devils. Inizialmente fu mandato in prestito in Sudafrica, poi il trasferimento in Inghilterra allo Stockport County, che militava in quarta divisione, ufficializzò la fine dell’esperienza con lo United per Georgie. In seguito si trasferì negli USA e girò numerose squadre, senza però mai tornare agli altissimi livelli che l’avevano contraddistinto. Nel frattempo i guai con la legge si fecero sempre più seri. Una notte si schiantò in macchina contro un palo della luce, ricevendo 54 punti intorno agli occhi e salvandosi per miracolo. Fermato dalla polizia l’ennesima sera che guidava ubriaco, dopo non essersi presentato all’udienza in tribunale e dopo una rocambolesca fuga dai poliziotti, Best venne arrestato nel 1984 e restò dietro le sbarre per 3 mesi. Era la fine del mito.
L’alcol fu l’unico avversario che il Quinto Beatle non riuscì a battere. Avversario che ne causerà anche la morte, il 25 novembre 2005 a 59 anni, per problemi al fegato. Una sera ad un tizio deluso che a cena gli fece notare quanto poco bevesse rispose: “Senta, se dovessimo fare una gara, lei arriverebbe secondo. Ho soltanto deciso di non bere troppo stasera.” George Best era così, se decideva una cosa la metteva in atto e sul campo da calcio non aveva rivali. Chissà, se avesse deciso di impegnarsi più seriamente come calciatore e se avesse deciso seriamente di sconfiggere l’alcol. Forse oggi questo slogan sarebbe più vero che mai:
MARADONA, GOOD; PELÉ, BETTER; GEORGE, BEST.

Continua…
 
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